giovedì 24 aprile 2014

Solidarietà e musica: binomio imprescindibile.




Emanuele Nicolino, che sta per concludere il suo percorso scolastico al Liceo “G. Leopardi – E. Majorana”, ha visto la realizzazione del suo sogno: incontrare e sorridere al suo beniamino Beppe Carletti, co - fondatore dei Nomadi nel 1963. Beppe Carletti si definisce Nomade nell’anima, ama viaggiare, i suoi sono viaggi caratterizzati da una parola di grande significato: solidarietà. Ed il viaggio – declinabile nelle sue più svariate sfaccettature, è anche il tema dell’area di progetto che Emanuele sta approfondendo con la sua classe di appartenenza.
Solidarietà e musica per un binomio imprescindibile. E’ risaputo quali siano gli effetti della musica e, nel caso di Emanuele, le sette note prodotte dalla band dei Nomadi, sembra siano riuscite laddove alcune discipline si sono arenate.
Un incontro tanto più significativo se si pensa che la meta formativa dell’intero percorso di studio dell’indirizzo si Scienze Umane, a cui è destinato questo incontro, è la promozione di personalità capaci di creare nuovi e solidi legami sociali, grazie al confronto continuo, teorico ed esperienziale, con la diversità in sé e negli altri. Molti dei progetti hanno come finalità la valorizzazione delle esperienze della diversità in tutte le sue forme, come occasione di arricchimento personale e sociale. E’ infatti attraverso l’educazione dei giovani al volontariato che il Liceo “G. Leopardi – E. Majorana” intende formare e sensibilizzare gli studenti alla cultura  della gratuità e della solidarietà. Molti sono i progetti del P.O.F. (Piano dell’offerta formativa) della scuola che vanno in questa direzione come il Progetto Africa (che ha portato aiuto concreto alla HIS, scuola per rifugiati dal Rwanda, Burundi e Congo) il Progetto L’altra Africa (che ha lo scopo di valorizzare e sostenere il desiderio degli alunni di fare del bene) il Progetto Volontari al liceo delle Scienze umane (che ha la finalità di educare alla cittadinanza attiva e responsabile).
La valenza dell’incontro è stata quindi rafforzata dalla presenza dell’Associazione “Crescerai” che è un Ente non commerciale e nasce nel 2011 con l’intento di curare direttamente i progetti “lanciati dal palco dei Nomadi”, istituita per aiutare le popolazioni del Madagascar. L’associazione è riuscita a portare del materiale didattico in alcune scuole povere, ha consegnato riso e fagioli nelle mense più bisognose, ha portato stampelle, carrozzelle, medicinali e offerte in denaro a favore dei disabili ha offerto pane e vestiti ai bambini incontrati durante viaggi di  solidarietà. Gli/le studenti/esse si sono dimostrati/e attenti e interessati alle tematiche proposte, molte sono state le domande rivolte a Beppe Carletti, anche in riferimento al gruppo dei Nomadi e come siano state vissute da loro la voglia di riscatto, le insoddisfazioni dei tanti giovani di allora che avevano vissuto sulla loro pelle la tragedia della guerra, temi raccontati in “Io vagabondo. 50 anni di vita con i Nomadi” edito da Arcana per la collana Musiqa.
Il Liceo G. Leopardi – E. Majorana - ha sottolineato il Dirigente Scolastico Teresa Tassan Viol - è una scuola inclusiva dove la “diversità” è valorizzata e considerata una risorsa per la crescita umana, sociale  per tutti i componenti della comunità scolastica. L’incontro del 12 aprile 2014 ha confermato questo impegno, rendendo protagonista assoluto della giornata Emanuele che ha potuto far conoscere ai/lle suoi/e compagni/e la grande valenza di un uomo che della solidarietà ha fatto la sua ragione di vita ed il suo successo più importante ed è stato ribadito il motto lanciato da Malala Yousafzai che l’Associazione Crescerai ha fatto proprio “Un bambino, un insegnante e una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è l’unica soluzione. L’istruzione è la prima cosa”.


giovedì 25 aprile 2013


Settimana del Cervello 2007 
CONCORSO PER IL MIGLIOR TESTO TEATRALE 
NELL’AMBITO DELLE NEUROSCIENZE BRAinPROSA 
bandito dal Centro per le Neuroscienze BRAIN dell'Università degli Studi di Trieste, dal Teatro Stabile di Prosa La Contrada e dall’Università Popolare di Trieste Comitato per la promozione delle Neuroscienze. Terzo premio per la composizione di un monologo teatrale dal titolo: “BRAinPROSA: Conflitto di Emisferi”. La premiazione è avvenuta il giorno 13 marzo 2007


Liceo "Leopardi - Majorana" di Pordenone
Studentessa: Serena Pessot
Docente: Francesca Costa


“Brain in Prosa” 
Conflitto di “emisferi”


Un caloroso benvenuto a tutti 
gentili signore e signori!

Sono Cervello Brain in Prosa. Per uno strano scherzo del destino, il mio cognome corrisponde niente meno che all’acronimo di Basic Research And Integrative Neuroscience, strani scherzi del destino. Del resto si sa, la lingua inglese fa da padrona nel mondo delle scienze e trovo che sia giusto così: in questo modo le conoscenze possono essere condivise e veicolate più agevolmente e … viaggiare più velocemente di quanto non facciano già i miei corrieri maratoneti: i neurotrasmettitori. Ma vorrei riprendere il filo del discorso. Dove ero rimasto? Ah sì, ecco mi chiamo Brain, dicevo, e mi sono sposato con Prosa, che mi ha conquistato per la sua cultura, creatività e fantasia. Devo comunque confessare che il lato libertino del suo carattere non sempre mi piace: è uno spirito indipendente, non segue le regole, è molto diversa dalla mia prima fidanzata, Scienza. Lei era pigggnoooolissssima: voleva comprendere tutta la mia sezione corporea, cogliere le mie immagini anatomiche, distinguere la mia sostanza bianca da quella grigia e rivelare le variazioni di flusso ematico per avere indicazioni funzionali sulla mia attività, nonché voleva captare la mia attività elettrica. A tal scopo usufruiva di modernissimi mezzi di indagine come: TAC, RX, RMN, RMI, TFS, PET, fMRI e EEC. Non capite? Sono incomprensibile? Scusate, mi ero dimenticato di dire che sono un grande… perchè mi adeguo anche ai cambiamenti della civiltà a cui appartengo infatti, la lingua che elaboro è al passo con i tempi e frutto del sistema sociale in cui mi trovo ad operare. Oggigiorno siamo tutti più frenetici e mi sono registrato, … tarato per un tipo di linguaggio “velocizzato” ecco quindi il mio usare di continuo gli acronimi. Voi però pensavate che non avessi inserito il T9 eh??? Io il T9 lo adopero correttamente. Che diamine!

Sono o non sono sede dell’intelligenza!

Dicevo che Scienza giunge a descrizioni talmente precise della realtà che la sua verità è universalmente condivisa, ma con lei mi sentivo sempre sotto inchiesta, sotto inquisizione, mi voleva studiare in continuazione per scoprire tutto di me, anche l’impossibile ed un bel giorno, dopo uno dei tanti conflitti, il mio emisfero “emozionale”, quello “creativo” (il destro) ha avuto la meglio su quello sinistro e l’ho lasciata. Con Prosa mi sento proprio realizzato e posso dar sfogo a tutti i miei pensieri, con lei produco artisticamente e non sono oggetto di studi continui, lei mi capisce e mi aiuta, in senso artistico ovviamente. Scienza, dispiaciuta e disperata non si arrende e mi vuole riconquistare accattivandosi la simpatia della persona che mi ospita. “Come?” direte voi. Bene, penso vogliate imparare il più possibile e vi disperate se dimenticate qualcosa prendendovela con me. Interpreto bene il vostro pensiero, o mi sbaglio? Ecco che allora, la mia ex-innamorata per farvi felici, ha aperto la strada a nuovi farmaci per aumentare la capacità di apprendimento, perché con l’aiuto dei Ricercatori  del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare in collaborazione con l’Università di Siviglia ha individuato TrkB (mio recettore che si trova nell’ippocampo) che potrebbe rappresentare un tassello del complesso meccanismo che rende possibile la fissazione dei ricordi. Vi faccio un altro esempio: magari volete smettere di fumare, ma non c’è stata medicina o cerotto che abbia funzionato? Ecco che Scienza (coadiuvata da Antoine Bechara e Hanna Damasio del Brain and Creativity Institute alla University of Southern California) il 25 gennaio 2007, ha “dato in pasto” all’ANSA la notizia che, nell’insula, zona di mia appatenenza e luogo dove nascono le emozioni, risiede anche l'area della dipendenza da fumo.  
Nonostante Scienza dia questi “contentini”

da sempre sono stato un mistero per tutti.

Nessuno fino ad oggi è riuscito a capire molto di me, non mi piace essere studiato, eh no! … Vi ho appena detto che ho lasciato la mia fidanzata Scienza, che pensava di aver imparato molte cose anche sul modo in cui elaboro le informazioni. Non a caso ho scelto come alloggio una comoda scatola cranica, molto dura a dir la verità e rivestita di liquor, a prova di urti insomma. Inoltre, in questo mio meraviglioso loft, girovago chiuso e protetto. Lo spazio che ho occupato mi permette di stare ad una altezza ideale e rende scomode le ricerche: lo ha detto anche E. Fuller Torrey (grande amico di Scienza e psichiatra d’eccellenza).
Come potrei descrivermi? … Vediamo un po’….
Sono la porzione anteriore di encefalo, parte più importante del sistema nervoso centrale. Ho due emisferi simmetrici che sono percorsi da cavità o ventricoli. Le loro pareti sono formate da sostanza grigia-rosata che presenta un gran numero di fessure (solchi) e convessità (giri) ed è ricca di neuroni (addirittura circa 100 miliardi, wow che numeri!!!). Ogni emisfero è ulteriormente suddiviso in quattro lobi principali: frontale, parietale, temporale e occipitale che, a loro volta, possono essere divisi in un gran numero di aree cerebrali, ognuna delle quali è specializzata per una certa funzione. Gli emisferi lavorano congiuntamente essendo collegati tra loro per mezzo di commessure e di un sistema di fibre bianche trasversali che costituisce il corpo calloso (che ha forma di fungo ed è posto nella profondità della scissura interemisferica). Ciò consente ad una informazione giunta all’emisfero sinistro, di arrivare a quello destro e viceversa. Ciascuno dei due emisferi dirige preferenzialmente alcune attività (e per questo è "dominante"). Potrei dire che il mio emisfero sinistro è dominante per l'elaborazione del linguaggio e per la manualità motoria, mentre quello destro lo è per la percezione di musica, emozioni, relazioni spaziali. Provate a pensare che scompiglio riesco a procurare quando le lesioni della mia sostanza bianca interrompono le relazioni tra le strutture cerebrali, quando non c’è adeguato collegamento fra le aree e non vi è scambio reciproco di informazioni.
Mi pare che, per i miei gusti, vi ho già parlato troppo del mio aspetto fisico, che per altro non a tutti piace: molte signore, se mi vedono al di fuori della mia sede abitativa, cioè non all’interno della scatola cranica (di solito questo accade dal macellaio) inorridiscono.
Sono molto legato alla persona che mi ospita sopra le spalle e lei non può vivere senza di me, diciamo pure che, conscio di questo,  “me la tiro”; cosa che certo non facevo al tempo degli egiziani: e che caspita, nel processo di mummificazione, nei vasi canopi quella popolazione conservava tutti gli organi vitali. Il cuore, mio rivale numero uno, era considerato talmente importante che i paracenteti temevano per la loro vita solo a guardarlo e non lo spostavano nemmeno dalla sua sede. Io invece, povero me, ero “tirato fuori” dalle narici, spiattellato e buttato via. Roba da matti!!! Per fortuna le cose sono cambiate, specialmente grazie a Christian Barbard (lo adoro, smack – smack – smack) che nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1967 effettuò il primo trapianto di cuore… 

YUPPIIIII!!!!!
Il mio nemico, il cuore, poteva essere sostituito, capite! 

La sua perdita di importanza nei miei confronti era incominciata quando, grazie allo sviluppo delle tecniche di rianimazione, la morte non era più identificata con l’arresto del battito cardiaco e della respirazione e si andava sviluppando il concetto di morte cerebrale (mancanza di impulsi elettrici = fine della coscienza). Grazie a Barnard il cuore, era stato: 

DEGRADATO DEFINITIVAMENTE!  

Lui degradato a trapiantabile e io promosso a organo importantissimo e prezioso, non trapiantabile se non nella fantascienza (fiuuuu! Meno male!).
Va bene dai, farò il corretto con voi riferendo che R. White ha eseguito il trapianto di tutta la testa di una scimmia, rimasta a lungo in vita con soddisfacente risposta agli stimoli esterni, ma state bene attenti, sto parlando di tutta la testa e non solo di me. Anche se “me la tiro”, ho comunque la coscienza di poter affermare che: tutte le parti del corpo concorrono al mio benessere ed alla fine sono fiero di far parte della squadra che compone il meraviglioso

CORPO UMANO.

Per finire:
poiché Scienza molto m’ha indagato e poco  aiutato,
  Prosa ho “maritato”.
Per lei, di cui sono più che innamorato,
i miei circuiti neurali ho modificato.
 Scienza nulla può, capendo che,
con Prosa il mondo vedo rosa.

©  F. Costa, S. Pessot




Webliografia

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/scienza/news/2007-01-25_12536623.html
http://www.corriere.it/Rubriche/Salute/Medicina/2007/01_Gennaio/17/memoria.shtml
http://www.emc-consulte.com/articleFrame.jsp?item=45312&filetype=1&cap=1&&item=45312&cap=1&filetype=1
http://www.entusiasmo.org/immagini/img_post/cervello_dice.jpg
http://www.humanitasonline.com/HOL/index.cfm?RequestTimeout=500&circuit=Oggetti&name=CaricaOggetto&ID=22883&modalita=view
http://www.sapere.it/tca/minisite/medicina/tuttomedicina/id991.html
http://users.unimi.it/esamanat/RISP264.htm
http://www.units.it/~brain/
http://www.units.it/~brain/Neuroscienze.pdf
http://fc.units.it/ppb/Neurostorie/Neurostorie.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Morte#La_morte_biologica


mercoledì 24 aprile 2013


CONCORSO INTERNAZIONALE “EUROPA E I GIOVANI 2006”
DALLE UNIVERSITÀ      ALLE ELEMENTARI
Quarto premio a pari merito - 28 maggio 2006

Liceo "Leopardi - Majorana" di Pordenone
Studentessa: Diana Maranzana
Docente: Francesca Costa


Ecogiallo a Topinlandia


Era una notte buia, anzi buissima …
– Ma che dico Francesca, io ho paura del buio e dormo sempre con la lucetta accesa, non voglio che sia così buio. Rincomincio, va bene Francesca? Allora, dove ero rimasta? Ah, sì! –
Era una notte non troppo buia, perché la luna rischiarava tutto il paesaggio e si poteva scorgere il villaggio dei Topi dalle Grandi Code Rosa: Topinlandia. Il paese si trovava alla periferia di una piccola discarica abusiva. Le casette erano ricavate dalle lattine delle bevande
- Proprio come quelle con cui hanno costruito il Partenone a scuola, come quello che c’è nell’atrio, sai quale Francesca? -
quindi erano  tutte variopinte e sotto i raggi della luna brillavano come se fossero stelle cadute dal cielo. Erano scintillanti, come i castelli delle principesse. Nel paesello regnava un gran silenzio, ma non era così al centro della discarica, dove, di quando in quando, si sentivano i rumori di frenate, corse veloci, tonfi e poi sgommate. I Topi dalle Grandi Code Rosa sapevano che uscire dalle case col buio, soprattutto nelle notti di luna piena, era molto pericoloso: molti di loro non erano più tornati dai loro famigliari. Non immaginavano che cosa potesse accadere, ma capendo il pericolo, stavano tutti rintanati e cercavano di non far nessun rumore. Percepivano solo che gli umani arrivavano veloci e furtivi per lasciare tutte le cose che a loro non servivano più, continuando così a far crescere quell’ammasso informe di immondizia.

Ratata era un piccolo topino dalla figura esile, il suo pelo era liscio e lucido, aveva un ciuffetto ribelle sulla fronte, i baffetti sempre dritti, era particolarmente intelligente e lo si poteva capire dallo strano brillio che aveva negli occhietti. La sua mamma, Toplina, gli aveva cucito con tanto amore una maglietta rossa e dei pantaloncini blu. Era molto generoso e sempre disposto a dividere il suo cibo e confortare quanti ne avessero bisogno. Era sempre felice e mai triste, o avvilito.
 - A me invece succede di essere avvilita e non so nemmeno perché -
Però aveva un difetto.
 - sai Francesca? -
Era pigro, tanto pigro e non voleva mai camminare, per questo prendeva sempre il treno, ovunque dovesse andare. Eh sì, a Topinlandia c’erano tutti i mezzi di locomozione: autobus, treni, macchinine e persino camion. Erano tutti i giocattoli che i bambini non volevano più e molti avevano ancora le batterie che funzionavano. Ratata era ben voluto da tutti, persino dal conducente del trenino, Roditop. Lui sì che era un topone gigantesco, non riusciva nemmeno ad entrare nella locomotiva, infatti era lui che aveva l’incarico di condurre i treni senza più batteria e lo faceva tirandoli con una cordicella: riusciva a trascinare anche 7 passeggeri per volta che aiutava a salire con la sua grande e grossa coda.  Non aveva molta cura del suo aspetto, il suo pelo era sempre arruffato e vestiva sempre di nero, così nessuno si poteva accorgere di quanto fosse sporco, ma aveva un gran pregio: era molto disponibile ed affettuoso. Inoltre, portava sempre un gran fischietto che non adoperava mai, ma si vantava di averlo e diceva a tutti che era fashion e trendy.

Ratata aveva un grande amico, di quelli che si dicono proprio compagni di formaggio. Il suo nome era Topgnam e nemmeno a dirlo, era quello a cui piaceva mangiare di più. Era un golosone. Topgnam era così grasso che la sua casetta era l’unica diversa da tutte le altre….. eh sì…..lui dentro una lattina proprio non riusciva ad entrare e dormiva dentro una scatola di scarpe, dove si era costruito una dispensa per le sue scorte di prelibatezze.

Quella notte però, Topgnam aveva una fame nera e le sue scorte di cibo erano finite. Era così affamato che non riusciva ad addormentarsi e vedeva ovunque i sorci verdi. Così, incurante del pericolo, per trovare qualcosa da mettere sotto i denti, decise di uscire ed avventurarsi verso la discarica. Ratata lo vide passare furtivo e lo seguì, sapeva dei topi scomparsi e da sempre voleva sapere che cosa capitava di notte nella discarica. Inoltre, pensò che poteva essere di aiuto al suo amico se si fosse trovato in difficoltà. Lo seguiva a distanza, perché non voleva che il suo compagno si accorgesse di lui. Fra il villaggio dei Topi dalle Grandi Code Rosa e la discarica si trovava un piccolo scolo da cui si alzava una leggera nebbiolina. Tutto intorno, l’odore era terribile, era proprio puzza nauseabonda, acre, entrava persino in bocca e lasciava uno strano sapore. La nebbiolina faceva uno strano effetto, infatti sembrava che gli odori prendessero corpo, era quella infatti la parte più puzzolente, l’acqua era così sporca, non sembrava nemmeno liquida.
Topgnam continuava a correre verso il centro della discarica quando si accorse di uno strano scatolone di colore giallo con uno strano disegno nero, che sembrava un’elica. Sul cartone c’era scritto “isotopo dell’uranio 235. Pensò che si potesse trattare della casa di un altro topo golosone come lui e incuriosito, incominciò a girare intorno ad essa nella speranza di trovare un buco per potervi entrare e fare la conoscenza di un probabile nuovo amico. Niente da fare! Era tutta chiusa, ma lui, curioso, non si diede per vinto e incominciò a rosicchiare. Con sua grande sorpresa si accorse che era piena di lattine di color giallo e tutte riportavano la stessa scritta e lo stesso disegno. Pensò allora che si dovesse trattare di un trasloco di un’intera famiglia che avrebbe vissuto al numero civico 235 di Topinlandia, il cui cognome fosse Uranio, ma la cosa che non riusciva a capire era come mai tutti si potessero chiamare Isotopo. Dalle lattine non usciva nessun rumore e Topgnam pensò che probabilmente, la famiglia Uranio stesse rintanata nelle casette. Infatti, se avevano deciso di traslocare a Topinlandia di certo sapevano della pericolosità di uscire nelle notti di luna piena. Cercando di fare meno rumore possibile incominciò a rosicchiare fino a riuscire ad entrare, era vuota, non c’era niente, all’improvviso sentì uno scossone….pensò che Isotopo fosse di ritorno…. Invece si accorse che un umano aveva sollevato lo scatolone e si dirigeva veloce verso un grandissimo camion. Topgnam era disperato, che fare ora? Non gli rimaneva altro che stare zitto ed immobile ed aspettare, ma si rendeva conto che la sua sorte era segnata. Nel frattempo incominciava a sentire un prurito incredibile e incominciava a grattarsi.
- Francesca, pensa che paura aveva!!! –
Ratata, che si era sempre tenuto a debita distanza, aveva visto tutto, nemmeno lui sapeva cosa fare, come poteva salvare il suo amico soprattutto ora che era su quel grande camion? Non sapeva prendere una decisione, ma si accorse che l’uomo che aveva caricato lo scatolone nel camion stava discutendo animosamente con il conducente, perché per l’ennesima volta lo scatolone era manomesso. Ratata continuava a guardarsi in giro nella speranza di poter trovare una soluzione.

Per fortuna, anche Roditop quella sera non riusciva ad addormentarsi ed aveva visto passare velocemente Ratata davanti alla sua casetta. La cosa lo stupì, lui sapeva quanto fosse pigro quel topino e a quell’ora tutti i mezzi di trasporto erano fermi, quindi dove voleva andare Ratata, cosa voleva fare? Preoccupato per il “ragazzo”, incominciò a seguirlo, ma nelle vicinanze dello scolo ne aveva perso le tracce. Che disdetta! Ora sì che Ratata era nei guai. Era una situazione di emergenza: si mise a correre a più non posso per cercare aiuto. Arrivato al paese incominciò a soffiare, con tutto il fiato che aveva in gola, dentro al suo fischietto fashion trendy. I Topi dalle Grandi Code Rosa uscirono dalle loro case e ascoltarono quanto Roditop aveva da raccontare. Immediatamente decisero di andare tutti insieme alla ricerca di Ratata, sapevano che se fossero stati tutti in gruppo forse avrebbero corso meno pericoli. Arrivarono fino allo scolo in un battibaleno e si accorsero di una strana luce lontana, decisero così di incamminarsi in quella direzione. Man mano che si avvicinavano erano sempre più abbagliati e non riuscivano nemmeno più ad orientarsi. Così perso per perso, decisero che per ritrovarlo avrebbero dovuto urlare a squarciagola il nome del loro amico, che nel frattempo era riuscito a salire nel camion e ad entrare nello scatolone:

« RA-TA-TA!  RA-TA-TA!  RA-TA-TA!  RA-TA-TA! RA-TA-TA!  RA-TA-TA!  RA-TA-TA! »

I due uomini, scambiarono le urla di richiamo per spari e presi dal terrore scaricarono immediatamente lo scatolone dal camion e scapparono in tutta fretta, anche perchè in lontananza si sentivano le sirene della polizia e si potevano scorgere le luci blu dei lampeggianti.

WWWOOOOOWWW!!!

Le macchine erano tante, tantissime. Tutte sfrecciarono davanti alla discarica, tranne una, dalla cui macchina uscirono due poliziotti, che incominciarono a rovistare fra le immondizie. Avevano uno strano strumento in mano che faceva uno strano rumore, che raggiunse la maggior intensità proprio vicino allo scatolone giallo con disegnate le eliche. I Topi dalle Grandi Code Rosa erano tutti lì intorno e cercavano di aiutare Ratata e Topgnam ad uscire dalla lattina e dallo scatolone. I due amici non stavano molto bene, anzi, stavano malissimo, ma Topgnam era sicuramente quello che stava peggio: sembrava proprio morto. I poliziotti si avvicinarono e con grande tenerezza li presero in mano e si incamminarono verso la macchina, inutile dire che dietro di loro, in silenzio e a testa bassa camminavano tutti i topi, in cuor loro sapevano che quei due umani non erano pericolosi e speravano che potessero fare qualcosa per salvare i due compagni. Una volta arrivati alla macchina i due poliziotti presero una strana bomboletta e incominciarono a spruzzare qualcosa sui due topini, rendendo il loro pelo tutto bagnato. Finita questa operazione, li avvolsero in uno straccio che avevano in macchina e li deposero, ancora storditi, all’interno di una valigia che era proprio lì vicino, sembrava il posto ideale per far passare loro la notte, quella notte di luna piena. I Topi dalle Grandi Code Rosa rimasero tutti intorno ai due amici, mentre le luci blu si allontanavano sempre di più fino a scomparire. La luna non voleva lasciare il posto al sole, il giorno tardava a ritornare. Nessuno fiatava e tutti avevano gli occhietti puntati su Ratata e Topgnam. Le ore sembravano non passare mai, anche i minuti diventarono llluuunnnggghhhiii come secoli…….., llluuunnnggghhhiiisssiiimmmiii come millenni, ma finalmente arrivò l’alba tanto attesa.
-Francesca, ma perché quando uno ha paura o è triste il tempo non passa mai e si allunga?-
I due eroi, perché ormai erano considerati tali, incominciarono a sbattere le palpebre e il silenzio fu rotto da squittii di gioia e che gioia! Nemmeno le croste di formaggio più succulente avrebbero potuto rendere i Topi dalle Grandi Code Rosa più felici. Ormai il pericolo era scampato!!!

EVVIVA squit! EVVIVA squit!  EVVIVA squit!

Roditop si allontanò, ma nessuno si accorse della sua mancanza, fino al suo arrivo, che non passò certo inosservato: era alla guida di un autoambulanza con tanto di sirene e luci blu, le sue batterie funzionavano ancora perfettamente. Ah ah ah! Infatti, sapendo di quanto Ratata fosse pigro, proprio ora che stava male di certo non voleva farlo arrivare a Topinlandia a piedi. Lui ed il suo amico, sorretti ed aiutati, furono caricati sul mezzo e, dietro questo, si snodò un corteo di canterini e danzatori.
-Proprio come quello della storia del Pifferaio Magico. La consoci Francesca?-

Nei due giorni che seguirono, Ratata e Topgnam furono oggetto di attenzioni continue e i due furbacchioni si lamentavano un po’ più del necessario, così facendo sapevano di poter avere cose sempre succulente da mangiare, senza fare nemmeno la fatica di andarsele a cercare.
-Anche io faccio così quando voglio le coccole o cose buone da mangiare, ma non dirlo a Erica, va bene Francesca?-
Quando non era di servizio, Roditop andava sempre alla discarica sia per trovare cibo che mezzi di locomozione. Erano passati appunto due giorni da quella notte terribile. Il topone era solito raccogliere anche giornali che servivano a tutti come coperte e mentre li stava raccogliendo…… il suo sguardo cadde su una immagine: riconobbe i due poliziotti che avevano aiutato e salvato Ratata e Topgnam. Cercò di non sgualcire quella pagina e in tutta fretta ritornò a Topinlandia. Arrivato in piazza, ancora una volta suonò il suo fischietto fashion trendy. Tutti accorsero e venne letto ad alta voce l’articolo di giornale.


Sgominata banda pericolosa, anzi pericolosissima

Da mesi gli investigatori erano sulle tracce di una euro-banda criminale che trafficava in pericoloso materiale radioattivo: isotopo dell’uranio 235. Grazie all’intervento della squadra mobile si è potuto interrompere questa attività criminosa………
………gli scambi avvenivano in località Topaligo dove venivano lasciate scatole con tale materiale radioattivo, che poi i corrieri della banda acquirente provvedevano a recuperare indisturbati………
……… L'esposizione ad agenti chimici tossici che si accumulano nell'ambiente e nel nostro corpo, interferendo con il sistema ormonale e immunitario, sta mettendo in pericolo la salute dell'uomo e del pianeta. Maggiori garanzie, controlli preventivi e più efficaci, sono importanti non solo per gli umani, ma anche per i topi, riferiscono i due poliziotti L. M. e F. C….



- Francesca guarda che Topaligo esiste veramente sai? È una località vicino Sacile in provincia di Pordenone, io ci sono andata là una volta e tu? -
Incredibile, gli umani pensavano anche ai topi? Nessuno ci poteva credere fra i Topi dalle Grandi Code Rosa, mai nessuno si era interessato a loro. Appena finito di leggere l’articolo si sentirono strani, anzi stranissimi rumori. In lontananza si potevano vedere ruspe che in breve tempo avevano distrutto quella discarica che comunque era stata anche fonte di vita per i topolini….. e ora che avrebbero potuto fare? Come si sarebbero sfamati? Non avrebbero più avuto niente. Era così che gli umani pensavano al loro benessere? La delusione era enorme, fino a quando………non ci potevano credere, dieci poliziotti erano arrivati a Topinlandia. Si nascosero come potevano mentre gli umani raccoglievano tutte le lattine, ma quelle erano le loro case! Era davvero la fine di tutto!  Rimasero nascosti fino a quando anche l’ultima lattina fu raccolta. Ora che le abitazioni erano tutte distrutte, temevano per la loro vita. Fra i poliziotti però, riconobbero i due che avevano salvato Ratata e Topgnam, allora non era possibile che volessero la loro distruzione. Infatti, come d’incanto, dalle macchine vennero scaricate decine di case di Barby, erano a due piani, anche tre, erano rosa e bianche e avevano anche i gerani finti nelle finestre.
- Francesca tu lo sai che bambole sono le Barbie, tu ci giocavi da piccola con le bambole? Le Barbie, sono … come quelle che i miei amici hanno messo sul Partenone a scuola, quello che c’è nell’atrio, sai quale Francesca? -
Inoltre, da quel giorno in poi, a Topinlandia regnò l’abbondanza, perchè ebbero grandi scorte di cibo che i due poliziotti non dimenticavano mai di portare e non esisteva più la paura: nelle notti di luna piena non succedeva niente di pericoloso e si poteva andare a passeggiare tranquillamente. Ora tutti sapevano cosa era successo ai Topi dalle Grandi Code Rosa scomparsi.
- Francesca ti interessa sapere cosa successe a Ratata e Topgnam? -
Di certo, dopo l’esperienza vissuta, sapevano che uranio non era un cognome e che isotopo non era il nome di un topo, bensì è un termine che indica gli elementi chimici che presentano un diverso numero di massa, ma uno stesso numero atomico
- Francesca grazie che mi hai suggerito la definizione di isotopo
e a spese loro sapevano gli effetti che produceva l’esposizione al 235, che non era un numero civico. Ratata, infatti, aveva perso il pelo che aveva sul suo bel ciuffetto che non era più ribelle e la sua pelliccia era tutta a strisce sulle braccia, mentre il povero Topgnam era completamente senza pelo, gli erano caduti anche i baffetti, poverino! I due rimasero compagni di formaggio più che mai e Roditop, diventò il loro autista personale, del resto erano considerati gli eroi di Topinlandia, era merito loro se i Topi dalle Grandi Code Rosa vivevano felici, beati diventando persino tutti più ciccioni.
Insomma tutti vissero per sempre felici e contenti.
- Non è così che finiscono tutte le favole? Francesca questa storia mi piace tanto, mi sono divertita con te, sai? Spero che piaccia anche ai miei compagni di classe. Tu cosa dici? Piacerà anche a loro? –
- Cara Diana, a me la tua storia piace tanto, sei stata bravissima ed hai lavorato con impegno. L’unico modo per sapere se piace anche ai tuoi amici sai qual è? Quello di leggergliela, che ne dici se andiamo subito in classe? Quando hai letto la storia chiederai loro che ne pensano? Ti va bene questa proposta? -
- È meglio Francesca. –

- Vi è piaciuta la mia storia? –

La risposta????
Dipende da voi che avete letto! 

©  F. Costa, D. Maranzana






mercoledì 5 dicembre 2007

Qualità della vita come obiettivo del processo educativo

L’obiettivo della qualità della vita per un/a disabile si concretizza nella ricerca del massimo sviluppo possibile, sia in termini di acquisizione di abilità, che di capacità affettivo-relazionali e nella promozione del più ampio dispiegamento di tali possibilità. Tutto ciò allo scopo di ottenere un elevato livello di integrazione e di realizzazione (soddisfazione) personale nei diversi sottoinsiemi sociali nei quali l’individuo si trova ad interagire. Le prospettive di sviluppo sono legate alla predisposizione di un’opportuna programmazione personalizzata e longitudinale, che deve fondare, in un progetto integrato, i necessari interventi di carattere clinico, riabilitativo e educativo, troppo spesso implementati in maniera frammentata e disorganica.
La persona diversamente abile deve essere rispettata nella sua identità al punto di non perdere nulla che la avvicini ai ritmi e alle modalità degli altri, compiendo uno sforzo di “normalizzare”. Il percorso proponibile in classe, si deve opporre ad ogni processo di disumanizzazione, in cui non ci deve essere considerazione sotto-umana dell’altro. Ogni volta che vi è un tentativo o una tentazione di ridurre l’altro a categoria biologica, sottraendo la dimensione culturale, si procede nella disumanizzazione. Questo accade senza che vi sia intenzione dichiarata, quando l’altro è ridotto al dato della tipologia di deficit. La proposta di portare ed accogliere nella classe va nella prospettiva dell’umanizzazione. Non bisogna fermarsi ai contesti sociali evocati e rappresentati, ma rielaborarli in rapporto alla propria realtà, ed andare oltre.